Nella società polis genetica il fatto criminale non è frutto (o non lo è completamente) di una scelta razionale. L’indagine sui geni comporta l’estensione delle pratiche che valutano il comportamento criminoso o deviante e potrebbe ripresentare per vie diverse e inedite le ipotesi del chirurgo e criminologo positivista Cesare Lombroso, secondo cui delinquenti si nasce e non si diventa. Una delle conseguenze estreme di tali pratiche d’indagine genetica, potrebbe essere quella di

consentire a un individuo geneticamente programmato di sfuggire a un’imputazione per un fatto penalmente illecito commesso, in quanto ritenuto non responsabile. Responsabile sarebbe piuttosto il programma genetico difettoso o i genitori che hanno scelto il programma, oppure l’ingegnere genetico che l’ha elaborato.

   Il passaggio dalla società biopolitica alla società polis genetica è in grado di determinare inediti fermenti anomici, controllabili con difficoltà per via sistemica, tenuto conto dell’attuale struttura valoriale, che conducono il biodiritto in luoghi particolarmente irti, abitualmente non accessibili. È possibile prevedere che vi saranno fasi particolarmente accentuate di disorganizzazione sociale implicanti contraddizioni normative che non consentiranno alle persone sempre più individualizzate d’essere osservanti delle norme attuali. Le modificazioni determinate dalle biotecnologie tendono, da un lato, a far venire meno i legami societari/valori/rispetto del prossimo e, dall’altro, a far crescere l’anomia sociale proporzionalmente alla sempre maggior consapevolezza delle possibilità offerte dalle biotecnologie d’assicurare quanto promettono.

 Analogamente al passaggio dall’età classica a quella industriale che ha visto, assieme al dominio liberale e biopolitico descritto da Foucault, fasi acute di anomia e instabilità, perdita di valori, crisi dei processi di legittimazione sociale e l’affermazione di pratiche devianti, il salto epistemologico dalla biopolitica alla polis genetica potrebbe costituire una nuova fonte, forse ancora maggiore rispetto alla prima, di effervescenza anomica.

Non solo: potrebbero proporsi, con maggiore vigore e in un ambito del tutto nuovo, le tesi di Merton in merito all’inadeguatezza fra le mete socialmente poste e l’effettiva disponibilità dei relativi mezzi per raggiungerle. S’ipotizza che potrebbero anche determinarsi tensioni o conflitti, da una parte, fra comunità di soggetti che non fanno ricorso (o ai quali non è consentito fare ricorso) ai beni genetici disponibili e, dall’altra parte, comunità di soggetti facenti parte (dalla nascita o lungo il corso della vita) di comunità (distintive) costituite in ragione di selezioni genetiche artificiali. In tali casi, potrebbero (di fatto, se non in modo formale) modificarsi i ruoli e gli status sociali degli uni e degli altri e le possibilità d’accesso a determinate cariche pubbliche o private? Queste osservazioni e domande assumono oggi un significato particolarmente pregnante, in ragione della maggiore estensione del riconoscimento dei diritti che potrebbe far crescere la domanda sociale d’interventi di miglioramento e vantaggio genetico per fini non curativi, assieme allo sviluppo di un mercato genetico transnazionale, legale e illegale.

All’aumento dell’anomia determinata dalla convinzione (non importa se fondata) che tutto è possibile in campo biotecnologico, potrebbe inevitabilmente corrispondere l’incremento d’inedite opportunità criminali, a vari livelli, e la conseguente necessità di configurare politiche sociali e penali, assieme a specifici interventi normativi e tipologie di reato.

Se nella società biopolitica sono i bio-crimini, ovvero gli atti illeciti connessi con il mercato del corpo o di alcune sue parti, a determinare le forme più gravi dei delitti contro la persona, nella società polis genetica i crimini si qualificano come a base genetica, ovvero atti illeciti connessi alla programmazione dell’essere umano e al mercato genetico. Anche se i confini fra bio-crimini e crimini a base genetica appaiono in molti casi “sfumati”, è possibile comunque definirli entro due diverse categorie.

COSA SONO I BIO-CRIMINI

Per quanto riguarda i bio-crimini vale il principio della non commercialità del corpo umano nella sua integrità e nelle sue singole parti e in ogni forma. Così, per esempio, la Risoluzione del Parlamento Europeo del 2005 vieta la cessione degli ovociti umani a scopo di profitto in quanto lesiva della dignità della donna tanto che potrebbe pregiudicarne l’integrità psico-fisica. Per la Risoluzione richiamata qualsiasi donna costretta a vendere parti del proprio corpo, comprese le cellule riproduttive, diventa preda di reti criminali organizzate dedite al traffico di persone e organi.

Fra i delitti che possono annoverarsi nella categoria dei bio-crimini si individuano:

  • il business delle cellule staminali (fino all’omicidio per procurarsi materiale biologico);
  • il deliberato inganno di pazienti affetti da malattie incurabili;
  • il traffico clandestino di organi;
  • la selezione programmata del sesso e diagnosi sugli embrioni per individuare malattie genetiche prima del trasferimento in utero; l’aborto selettivo;
  • situazioni che segnalano contraddizioni normative, come i bio-medicinali ricavati dalla ricerca sulle staminali ritenuti legali in alcuni Paesi, ma vietati in altri; la creazione di embrioni chimera frutto dell’unione di ovociti animali con DNA umano;
  • vendita illecita di ovociti da parte di donatrici;
  • business degli uteri in affitto;
  • business degli ovociti congelati;
  • esecuzione di test genetici sugli immigrati;
  • alimentazione fraudolenta dell’immaginario sociale con la prospettiva di ottenere benefici curativi falsi.

 

COSA SONO I CRIMINI A BASE GENETICA

I crimini a base genetica si possono concretizzare invece solo nella società polis genetica, dove il crimine ha, come nella società biopolitica, per oggetto il corpo, nella sua integrità (fisica e mentale), ma, a differenza della società biopolitica, anche le sue possibili modificazioni e progettazioni. Il crimine, infatti, sussiste laddove vi è interesse e il corpo, valorizzato dalle scoperte delle bioscienze, si trasforma sempre più in una banca e in un mercato dove poter trovare illecitamente risorse biologiche e genetiche diverse fino alla soppressione degli individui ai quali appartengono, ma può anche consistere nella frode contro la buona fede e le attese individuali e sociali circa gli effettivi benefici legati a una certa scoperta oppure a un certo prodotto biotecnologico..

L’attività criminale può coinvolgere tutto ciò che riguarda e offre il “mercato genetico”, come il trasferimento improprio di sequenze genetiche, il trasferimento di prodotti genetici, il trasferimento tecnologico, ecc; oppure specifiche fattispecie di crimini a base genetica, quali, ad esempio, la violazione di banche di cellule staminali e/o l’indebita appropriazione dei prodotti tutelati con brevetto, ma anche la produzione e l’immissione nel mercato dei dati genetici, il rilascio illecito nell’ambiente di prodotti geneticamente modificati, fino allo sfruttamento dei giacimenti genetici dei popoli più deboli, il furto di cellule, tessuti, sequenze e programmi genetici, anche con il consenso e/o il coinvolgimento doloso delle autorità, la falsificazione della prova del DNA, attraverso la fabbricazione in laboratorio di sangue e saliva con DNA di persona diversa da quella a cui si dovrebbe riferire, la produzione d’organismi geneticamente modificati vietati dalla legge, etc. È possibile per il futuro prevedere anche la creazione illecita di parti del corpo.

Le politiche sociali e penali potranno estendersi ai tipi e ai modi d’interazione fra vittima e criminalità, ma anche alla prevenzione e al controllo sociale di sistema complessivo come, ad esempio, sui desideri/immaginario, sulla produzione/distribuzione dei prodotti biotecnologici, sull’ambiente. Si rende necessario l’attivo e continuo coordinamento delle legislazioni e degli interventi a livello internazionale, per contrastare la nuova criminalità dai caratteri sempre più spiccatamente transnazionali ed impedire la creazione di quelli che è possibile definire veri e propri paradisi genetici nei confronti dei quali i controlli sono ancora troppo spesso labili. Per altri versi, deve essere rilevato che la scienza, le pratiche ed i prodotti genetici potranno costituire vere e proprie risorse strategiche, anche segrete, sottoposte alla tutela da parte di Stati ovvero organizzazioni pubbliche o private in conflitto fra loro per assicurarsene il possesso e l’utilizzo.