Il caso

Recentemente è stato arrestato un noto ginecologo italiano il quale, oltre ad aver subito l’interdizione dall’esercizio della professione medica, è indagato per i reati di rapina aggravata e lesioni personali aggravate.

Nella sua clinica privata milanese avrebbe sottoposto una giovane straniera a delle cure ormonali fatte passare per una terapia per il trattamento di una cisti ovarica: in realtà le sono stati prelevati ovociti da destinare al mercato clandestino della fecondazione eterologa.

Nei giorni successivi, nella clinica del medico sono state sequestrate le cartelle sanitarie  (resta da chiarire la presenza dei moduli di consenso informato, asseritamente firmati dalla giovane donna), e soprattutto 6 embrioni già fecondati con gli ovociti prelevati dalla ragazza e destinati ad essere impiantati il giorno successivo a pazienti della stessa clinica.

Ora la Procura di Milano indaga. La vicenda  mette in luce i rischi che dietro la fecondazione eterologa si nasconda un mercato illegale di gameti, e soprattutto lo sfruttamento del corpo di donne ignare delle procedure a cui vanno incontro affidandosi a centri privati. Tra le carte sequestrate si cercano anche le eventuali tracce di casi analoghi, o di transazioni in favore di eventuali donatrici arrivate dall’estero. È probabile che il quadro giudiziario sia  molto più complesso.

Pare infatti che ci sia un sistema di arruolamento di giovani e giovanissime, su cui adesso indagano gli investigatori. Hanno storie difficili alle spalle e vivono ai margini, con pesanti difficoltà economiche; sono disposte a sottoporsi a ripetuti cicli di bombardamenti ormonali, a più interventi nel giro di pochi mesi, pur di portare a casa una cifra simile a uno stipendio. Ma vengono pagate, condizione vincolante, solo se il prelievo degli ovuli va davvero a buon fine: una rete di donatrici di gameti, per legge su base volontaria, praticamente inesistente in Italia, per le coppie sterili che bussano al centro di riproduzione assistita, e spendono almeno 6mila euro per riuscire ad avere un bambino.

Non c’è da scandalizzarsi. Negli Stati Uniti è una prassi consolidata, con tanto di annunci e pubblicità davanti agli atenei: non a caso le “cavie” più ricercate sono le studentesse universitarie. Negli Usa i “rimborsi spesa” arrivano fino a 8mila dollari mentre in altri Paesi europei (tra cui Spagna, Belgio e Gran Bretagna) si va da mille a 3mila euro: neanche molto, considerato che la pratica della donazione di ovuli è assimilabile a un vero e proprio intervento chirurgico, con tanto di anestesia totale.

La situazione legislativa della PMA in Italia

In Italia il ricorso alla tecnica di PMA di tipo eterologo è legittimo, come indicato dalla sentenza 162/2014 della Corte Costituzionale, «esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l’esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute. In particolare […] il ricorso alla stessa […] deve ritenersi consentito solo qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità e sia stato accertato il carattere assoluto delle stesse, dovendo siffatte circostanze essere documentate da atto medico e da questo certificate. Il ricorso a questa tecnica, non diversamente da quella di tipo omologo, deve, inoltre, osservare i principi di gradualità e del consenso informato stabiliti dal citato art. 4, comma 2.»

Le nuove “Linee Guida” PMA 2015

Nel luglio 2015 il Ministro della Salute ha firmato il decreto (ampiamente criticato da molti) che aggiorna le linee guida del 2008 previste dalla legge 40/2004, che regola la Procreazione medicalmente assistita (Pma). Tale testo  rispetta i decreti legislativi 191/2007 e 16/2010, l’Accordo Stato Regioni del 15 marzo 2012 (che applica alla Pma le normative europee su qualità e sicurezza di cellule umane), e le sentenze della Corte Costituzionale n. 151/2009, e n. 162/2014 che hanno eliminato, rispettivamente, il numero massimo di tre embrioni da creare e trasferire in un unico e contemporaneo impianto, e il divieto di fecondazione eterologa.

Fra le principali novità del testo l’accesso alle tecniche di fecondazione eterologa, la raccomandazione di un’attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici nell’accesso ai trattamenti, con particolare riferimento alle complicanze ostetriche, alle potenziali ricadute neonatologiche e ai potenziali rischi per la salute della donna e del neonato nonché l’accesso generale a coppie sierodiscordanti, cioè in cui uno dei due partner è portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili per infezioni da Hiv, Hbv o Hcv (nella versione precedente era previsto solo per l’uomo portatore, in quella attuale si consente anche alla donna portatrice).

Riguardo la fecondazione eterologa, nelle linee guida vengono fornite le indicazioni per la coppia che accede ai trattamenti di fecondazione assistita, mentre tutto ciò che riguarda i donatori di gameti sarà contenuto nel testo di un nuovo Regolamento, già approvato dal Consiglio Superiore di Sanità, che sta proseguendo il suo iter per il recepimento delle direttive europee di riferimento. Nel nuovo testo delle linee guida si danno indicazioni cliniche per l’accesso alle tecniche di Pma di tipo eterologo, prevedendo anche la cosiddetta “doppia eterologa” – quando entrambi i componenti della coppia possano ricevere gameti donati – nonché alla possibilità di “egg sharing” e “sperm sharing”, cioè che uno dei due componenti della coppia ricevente possa a sua volta essere anche donatore di gameti per altre coppie che accedono alla Pma eterologa.

Per escludere illegittime selezioni eugenetiche, alle coppie che accedono all’eterologa non è consentito scegliere particolari caratteristiche fenotipiche del donatore. Per evitare sovrapposizioni fra i diversi provvedimenti che regolano la Pma, nelle nuove linee guida, nella parte relativa all’“Attività di consulenza e sostegno rivolta alla coppia”, è stato stralciato l’elenco degli elementi utili a maturare un’accettazione consapevole della tecnica proposta, visto che tali elementi sono contenuti nelle disposizioni per il consenso informato, che saranno oggetto di un apposto decreto interministeriale dei Ministeri della Salute e della Giustizia, su cui si sta già lavorando, e che contiamo di emanare a breve.

Successivamente, nell’agosto dello stesso anno il Ministero della Salute  ha trasmesso alla Conferenza Stato Regioni uno schema di regolamento che recepisce la direttiva 2012/39/UE della Commissione del 26 novembre 2012, che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani. Quest’ultima direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16, recante la disciplina di determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani, nonché la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.[1] Lo schema di decreto modifica l’allegato III del decreto legislativo n. 16 del 2010, anche mediante l’inserimento di una parte rubricata “Donazioni da persone diverse dal partner” (quindi fecondazione eterologa), che si compone dei punti dal 2.7 al 2.13. Il punto 2.7 dispone che “la selezione dei donatori avviene sulla base dell’anamnesi sanitaria e medica risultante da un questionario e da un colloquio individuale con un professionista sanitario esperto e qualificato. Tale valutazione deve comprendere fattori rilevanti che possono contribuire a individuare e ad escludere le persone la cui donazione può costituire un rischio sanitario per gli altri, come la possibilità di trasmettere malattie (come infezioni trasmesse sessualmente), o un rischio sanitario per i donatori stessi […]”.[2]

Alla vigilia di Natale, all’interno del maxiemendamento collegato alla Legge di Stabilità, è stato approvato un passaggio per l’istituzione del Registro Nazionale dei donatori, presso il Centro Nazionale Trapianti.[3]

La questione fondamentale: i BIOCRIMINI ed il TRAFFICO ILLECITO DI OVULI 

A prescindere dalle questioni legislative e giudiziarie (la legge farà infatti il suo corso) quello che dovrebbe destare la Nostra attenzione è altro: in Italia mancano i donatori di ovociti e spermatozoi. Risultato: dopo un iniziale rallentamento della “migrazione procreativa” verso Paesi più attrezzati del nostro, ora le coppie italiane riprendono la via della Spagna, della Grecia, della Svizzera in cerca di una gravidanza; oppure si fanno spedire via posta dai centri stranieri i gameti congelati[4].

Il biomercato prevale sulla tutela dei diritti fondamentali, aiutato anche dal, come ripetutamente è stato osservato, veloce progresso delle bioscienze, che comporta il continuo cambiamento dei riferimenti socio-culturali, ed il diritto non è in grado di viaggiare alla stessa velocità.

Sembra dunque che il corpo umano stia diventando oggetto di plurimi interessi, acquisendo un vero e proprio valore di scambio.

Ecco che si riscontra l’incremento d’inedite opportunità criminali, a vari livelli: nella società polis genetica, il crimine ha come oggetto il corpo, nella sua integrità (fisica e mentale) e le sue possibili modificazioni. Il crimine, infatti, sussiste laddove vi è interesse e il corpo, valorizzato dalle scoperte delle bioscienze, si trasforma sempre più in una banca e in un mercato dove poter trovare illecitamente risorse biologiche e genetiche diverse fino alla soppressione degli individui ai quali appartengono.[6]

L’attività criminale può coinvolgere tutto ciò che riguarda e offre il “mercato genetico/biologico”, come il trasferimento improprio di sequenze genetiche, il trasferimento di prodotti genetici, il trasferimento tecnologico, ecc.; oppure specifiche fattispecie di crimini a base genetica, quali, ad esempio, la violazione di banche di cellule staminali e/o l’indebita appropriazione dei prodotti tutelati con brevetto, ma anche la produzione e l’immissione nel mercato dei dati genetici, il rilascio illecito nell’ambiente di prodotti geneticamente modificati, fino allo sfruttamento dei giacimenti genetici dei popoli più deboli, il furto di cellule, tessuti, sequenze e programmi genetici, anche con il consenso e/o il coinvolgimento doloso delle autorità, la falsificazione della prova del DNA, attraverso la fabbricazione in laboratorio di sangue e saliva con DNA di persona diversa da quella a cui si dovrebbe riferire, la produzione d’organismi geneticamente modificati vietati dalla legge, etc.

Si tratta di casi isolati o siamo solo agli inizi?

[1] Lo schema di regolamento è adottato ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 maggio 2012, n. 85, recante modifiche ed integrazioni al citato decreto legislativo n. 16 del 2010, il quale dispone che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli allegati del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16, sono modificati con regolamento di cui all’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Con questo schema che si compone di un articolo e di un allegato (allegato A)– si intende recepire la direttiva 2012/39/UE, che apporta modifiche alla direttiva 2006/17/CE, a sua volta attuata con il decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16”. Sul presente schema di regolamento sono stati quindi  acquisiti i pareri del Consiglio Superiore di Sanità e del Garante per la Protezione dei Dati Personali

[2] Su questo punto il Garante ritiene necessario specificare meglio la figura, prevista nel testo originario del Regolamento , del professionsta sanitario, che deve svolgere un’accurata anamnesi sanitaria e medica ed intraprendere un colloquio con il potenziale donatore: la selezione dei donatori infatti avviene sulla base dell’anamnesi sanitaria e medica risultante da un questionario e da un colloquio individuale con  il medico responsabile della selezione o con personale sanitario appositamente formato  operante sotto la responsabilità del predetto medico responsabile. (si veda Garante per la Protezione dei Dati Personali,  Parere su uno schema di decreto del Presidente della Repubblica che recepisce la direttiva 2012/39/UE della Commissione, che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani – 8 luglio 2015– [doc. web n. 4243488] reperibile sul sito dell’Autorità. «Lo schema prevede che, al fine dello screening genetico e della valutazione del rischio di trasmissione di cui al punto 2.12., siano effettuati una consulenza genetica, il test per la fibrosi cistica ed eventuali ulteriori esami ritenuti necessari sulla base della predetta consulenza, previa acquisizione dell’autorizzazione da parte del donatore, cui vanno  fornite informazioni complete, nel rispetto della normativa vigente sul consenso informato. Si ritiene che tale previsione debba essere integrata mediante il riferimento al rispetto della normativa vigente in materia di consenso informato al trattamento dei dati personali genetici, nel rispetto dell’autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici rilasciata dal Garante ai sensi dell’articolo 90 del Codice. Si consideri, infatti, l’importanza che assumono in un ambito così delicato l’informativa e l’acquisizione del consenso dell’interessato al trattamento dei dati che lo riguardano (unitamente al consenso medico informato). In particolare, l’informativa  dovrà porre in debita evidenza all’interessato che il trattamento può avere ad oggetto anche dati genetici, le modalità con cui tali dati possono essergli resi noti e comunicati a terzi, i risultati conseguibili anche in relazione ad eventuali notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento, nonché il diritto di opporsi al trattamento dei dati per motivi legittimi e l’ambito di comunicazione degli stessi. La raccolta del consenso deve poi consentire all’interessato di dichiarare la volontà a conoscere o meno i risultati degli esami volti ad accertare la presenza di malattie genetiche, ivi comprese eventuali notizie inattese»

[3] Art. 1, 298° comma, l. 23 dicembre 2014, n. 190 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, in G.U. 29 dicembre 2014, n. 300.

[4]             Da un articolo de La Repubblica, del 23 luglio 2015, Fecondazione eterologa “per posta: l’embrione spedito dalla Spagna all’Italia: «Ostacolata da norme incomprensibili e in attesa di nuovi regolamenti sui donatori, la fecondazione eterologa italiana non è più vietata e può quindi essere fatta anche in Italia. Come? Attraverso la posta. Basta rivolgersi ai centri stranieri, in questo momento soprattutto quelli spagnoli, e farsi mandare col corriere quel che serve, debitamente congelato. E la prima gravidanza realizzata con un embrione arrivato dalla Spagna è da poco iniziata: gli aspiranti genitori sono una coppia di pazienti del centro privato torinese Livet. La particolarità, in questo caso, è che la fecondazione eterologa doveva supplire a un problema di fertilità della donna. Il seme del marito è stato quindi spedito a Barcellona, ed è servito a realizzare un embrione insieme all’ovocita di una donatrice. L’embrione è stato rispedito in Italia e reimpiantato nella paziente, dando luogo a una gravidanza. È un’ottima notizia per i ginecologi e per tutti quelli che sperano nei figli che solo l’eterologa può dare, specie alle donne sterili. E tuttavia non viene commentata da chi ha condotto le operazioni mediche in Italia, perché nella maggior parte dei centri privati per la fecondazione assistita la convinzione è ancora quella di trovarsi in un paese ostile, dove le gravidanze realizzate con i gameti altrui sono viste negativamente e dove molti centri sono stati chiusi o multati per le minime irregolarità dopo aver pubblicizzato i propri risultati in questo campo. Il vantaggio per i genitori è evidente, rispetto alle migliaia di coppie che negli anni scorsi sono state costrette al turismo per ottenere pratiche vietate in Italia. Niente viaggi né soggiorni in albergo, nessun permesso, o permessi molto inferiori, da chiedere al datore di lavoro. Più complicati gli aspetti legali, che pure al centro torinese sono stati valutati con estrema prudenza, come anche quelli strettamente medici che indicano risultati migliori nel trasferimento di un embrione congelato rispetto a quelli ottenuti decongelando il semplice ovocita. Ma la vicenda mette in luce le contraddizioni della legge italiana, che a differenza di un tempo non consente più neppure la donazione del seme maschile a una banca in cambio di denaro. In teoria, solo il dono anonimo è previsto, anche se in pratica basta andare su Internet per scoprire che è possibile procurarsi i gameti maschili a partire da 149 euro e farseli spedire congelati a casa propria. A quel punto, nessuno vieta alla coppia di andare in un centro privato, che non ha acquistato direttamente nulla e può quindi procedere alla fecondazione. Il Consiglio superiore di sanità sta mettendo a confronto il proprio regolamento sui gameti donati con le norme europee, e lo licenzierà nel prossimo autunno. Ma sul punto della gratuità la ministra Lorenzin è stata inflessibile, e si prevede che continuerà ad esserlo. L’eterologa dunque diventa complicata quando ciò che serve è un ovocita o un embrione, che certo non può essere spedito a una singola coppia. Ora però molti centri italiani ricorrono ai corrieri, e a transazioni con i centri esteri combinate in modo da non infrangere la legge. È un piccolo passo avanti rispetto ai viaggi, spesso più di uno, per ottenere l’eterologa all’estero. Ma è un passo avanti costoso, dai 5.000 euro in su, che non tutte le coppie possono affrontare. E forse non è un caso che anche la pubblicità online dei kit per l’autoinseminazione continui a crescere. In Italia, del resto, la fecondazione eterologa può avvenire solo nelle coppie eterosessuali, mentre alle donne non resta che una donazione “fai da te”, e agli uomini l’utero in affitto, rigorosamente oltre confine»

[6] La prima indagine penale avviata in Italia (da quando è in vigore la legge n. 40/2004), sui crimini che ho definito a base genetica, è partita da Napoli e ha portato a provvedimenti di perquisizione nei confronti di due biologi e di un medico per congelamento d’embrioni in vista del loro commercio. Le ipotesi di reato consistono nel fatto che sono stati venduti a coppie sterili embrioni prodotti da altre coppie, con trattamento illecito d’ovociti, diagnosi di preimpianto e forme di stimolazione illegali (cfr il quotidiano “Il Mattino” di Napoli del 10 novembre 2007).