La Corte d’Appello del Missouri ha recentemente rigettato il ricorso presentato da una donna nei confronti di una sentenza di scioglimento di matrimonio che qualificava altresì due pre-embrioni (creati durante una procedura di PMA) come proprietà comune fra lei ed il marito.
La storia
Nel 2007 Jalesia McQueen e suo marito Justin Gadberry si erano sottoposti ad una procedura di fecondazione in vitro durante la quale erano stati “prodotti” 4 pre-embrioni: due erano stati impiantati e avevano portato alla nascita di due gemelli, mentre gli altri erano stati conservati per un eventuale impiego futuro.
Nel 2010, in un accordo sottoscritto dai due coniugi, il sig. Gadberry si impegnava a lasciare alla moglie I due pre-embrioni in caso di divorzio. L’accordo era stato poi invalidato in primo grado.
Successivamente la coppia si separava e l’unico problema nella contestazione risultava proprio la sorte dei pre-embrioni congelati, tanto che nel maggio del 2014 il giudice di merito decideva di nominare un curatore speciale per gli stessi, annullando l’accordo che i coniugi avevano sottoscritto. Il giudice, ai sensi del Chapter 452 dei Missouri Revisited Statutes, aveva qualificato i due pre-embrioni come “marital property of a special character” e aveva ordinato che “no transfer, release, or use of the frozen embryos shall occur” senza la firma di entrambi i genitori
La decisione del Giudice
Il 13 aprile 2015 infatti, il giudice di merito ha dichiarato, con una sentenza, che i pre-embrioni sono proprietà coniugale di “carattere speciale” (“unlike traditional forms of property” e quindi “not easily susceptible to a just division”) ordinando che “nessun trasferimento, il rilascio, o l’uso di [pre] embrioni deve avvenire senza l’autorizzazione firmata di entrambi [Gadberry] e [McQueen]. In caso contrario sarebbero stati violati i diritti costituzionali fondamentali alla privacy ed all”uguale protezione di fronte alla legge” (secondo il 14mo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti).
La contestazione
La donna contestava tale decisione ( a suo dire,i due pre-embrioni avrebbero dovuto essere qualificati non come “property of a special character”, ma come “children”) e sosteneva che il giudice di merito dovesse concedere la “custodia” a lei perché “legge del Missouri. . . riconosce l’embrione è una persona con diritti tutelabili nella vita, la salute e il benessere dal momento del concepimento in poi, a meno che tale protezione sia ostacolata dalla Costituzione degli Stati Uniti Sezione 1.205 [RSMo 2000]. “In altre parole, McQueen essenzialmente riteneva che pre-embrioni dovrebbero essere classificati come bambini proprio ai sensi del Chapter 452 (vedi link sopra). Infatti, secondo la Section 1.205.1 delle Missouri Rivisited Statutes:
“Life begins at conception–unborn child, defined–failure to provide prenatal care, no cause of action for.
1.205. 1. The general assembly of this state finds that:
(1) The life of each human being begins at conception;
(2) Unborn children have protectable interests in life, health, and well-being;
(3) The natural parents of unborn children have protectable interests in the life, health, and well-being of their unborn child”.
Al contrario, il marito affermava invece che l’assegnazione esclusiva dei preembrioni alla moglie lo costringerebbe a procreare contro la sua volontà e quindi violerebbe i suoi diritti fondamentali, in primis la privacy; si proclamava quindi favorevole alla “proprietà coniugale”.
La decisione della Corte
La Corte d’appello esclude che il potenziale interesse alla vita degli embrioni crioconservati possa prevalere sul diritto alla privacy dei due coniugi e, in particolare, il diritto del sig. Gadberry di non subire interferenze con il proprio diritto all’autodeterminazione procreativa (right not to procreate): un’applicazione della Section 1.205 alla dissoluzione del vincolo matrimoniale determinerebbe una violazione di tali diritti. Ai sensi del tribunale del Missouri i due coniugi McQueen e Gadberry “devono essere considerati come fornitori di gameti del tutto equivalenti”, ognuno dei quali ha un fondamentale diritto individuale all’autonomia procreativa.
A questo link il testo completo della sentenza
Che cos’è il pre-embrione?
A seguito della diffusione della fecondazione in vitro è stata elaborata la teorìa del pre-embrione, proposta all’interno del Warnock Committee: in particolare, il Rapporto Warnock del 1984 rileva che la vita inizia non dal momento della fecondazione, ma dopo quattordici giorni dall’impianto nella mucosa uterina, quindi il pre-embrione sta proprio ad indicare quello stadio della vita prenatale che va dalla fecondazione fino alla comparsa della linea primitiva, cioè fino al 14° giorno. Tale teoria è stata oggetto di critiche, in quanto è stata ritenuta un espediente, in grado di favorire la possibilità di sperimentazioni sull’embrione, che in questa fase apparterrebbe ad una categoria intermedia tra le cose e gli individui umani, quasi non definibile.
Nel 2011 è intervenuta la Corte di Giustizia Europea (caso Oliver Brüstle v. Greenpeace),secondo la quale “costituisce un embrione umano qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione; […] il termine embrione deve quindi essere inteso in senso ampio. Inoltre, la Corte ha stabilito che il termine embrione deve comprendere anche ogni ovulo umano non fecondato nel cui nucleo è stata trapiantata una cellula umana matura, così come un ovulo umano non fecondato la cui divisione e ulteriore sviluppo siano state stimolate per partenogenesi.”
Per quando riguarda le cellule staminali embrionali ottenute durante la fase di blastocisti, la Corte ha lasciato al giudice nazionale il compito di stabilire caso per caso se esse debbano essere considerate embrioni umani in virtù della loro capacità di evolvere in esseri umani.
La Corte ha anche escluso la brevettabilità di un’invenzione nel caso in cui nel processo di formazione o creazione della stessa sia implicata la distruzione di embrioni umani, anche nel caso in cui le rivendicazioni del brevetto non includano l’uso di embrioni umani.
Qui il testo integrale della sentenza.