Aprile 2016: è stato pubblicato uno studio di alcuni ricercatori del Mit di Boston, dove è stato dimostrato che è possibile HACKERARE LE CELLULE SANE E RIPROGRAMMARLE: una scoperta che si potrebbe rivelare rivoluzionaria per la biologia sintetica, e per il trattamento di alcune patologie, le cellule riprogrammate potrebbero infatti  attaccare i tumori.

Ingegnerizzando e riscrivendo  il codice del Dna ed inserendolo nei batteri per alterarne il funzionamento, le cellule vengono riprogrammate e quindi,quando si imbattono nel cancro, “spinte” a rilasciare farmaci antitumorali.

un linguaggio di programmazione per i batteri. Si utilizza un linguaggio basato su un testo, proprio come quando si riprogramma un computer, che va a ricostruire i tessuti sintetici. Poi si compila un testo e si realizza una sequenza di Dna che si inserisce nella cellula, e questo circuito funziona all’interno della cellula.

L’OPERAZIONE IN CONCRETO

In concreto hanno inserito in un batterio (E.Coli) sequenze di Dna che lo rendono capace di “reagire” in base a precisi stimoli esterni (che potrebbero consistere nella luce, nella concentrazione di qualche sostanza, o altro).  La novità è che i ricercatori americani hanno messo a punto un vero e proprio linguaggio di programmazione per realizzare queste sequenze. «Non si tratta di un progresso spettacolare dal punto di vista della scienza pura, ma piuttosto da quello bioingegneristico» spiega Andrea Califano, Chairman del dipartimento di System Biology della Columbia University di New York. «L’obiettivo che è stato raggiunto è quello di poter scrivere sul proprio computer, con un linguaggio di programmazione, il Verilog, che all’interno di un “ambiente informatico” chiamato Cello, un programma che viene poi trasformato in una sequenza di basi di Dna, che viene mandata in laboratorio, dove viene concretamente sintetizzata, per essere poi inserita nella cellula. È un po’ come passare dal transistor, al circuito integrato. Infatti con questo sistema si possono mettere insieme sequenze di Dna diverse, già validate individualmente».

Le prospettive aperte dall’ingegneria genetica pervadono oramai il nostro quotidiano nel campo del miglioramento della salute, anzi, più in generale della qualità della vita (pensiamo, ad esempio, alla prima retina costruita in provetta nell’estate del 2014; nel settembre dello stesso anno la Technische Universität di Monaco e la Sissa di Trieste hanno messo a punto un modello di cellula artificiale, in grado di muoversi e cambiare forma autonomamente; ancora, sempre nell’autunno del 2014 in Polonia un paraplegico è tornato a camminare grazie ad un intervento con le sue stesse cellule olfattive.

Ma come distinguere queste tecniche fra terapia di cura e miglioramento?

E soprattutto, come controllare e delimitare l’uso potenziale di queste macchine in grado di hackerare le cellule? stiamo andando verso i crimini a base genetica ed il bio-hackeraggio